Il Cimitero delle Fontanelle

Un luogo unico al mondo è il Cimitero delle Fontanelle (che prende il nome dalle varie fonti d'acqua che sgorgavano fresche nella zona della Sanità di Napoli), spettacolare ricettacolo di ossa e di relative leggende.
Per ogni capuzzella (= teschio) insistono storie, reali o immaginarie, che vanno avanti dal 1656, anno in cui fu istituito il Cimitero delle Anime pezzentelle (così chiamate poiché di molte ossa non si conosceva la provenienza e venivano per questo abbandonate), in seguito alla peste che scoppiò quell'anno.

Il posto fu scelto all'inizio del XVII secolo: una cava svuotata per la continua estrazione del tufo, di cui le fondamenta della città erano ricche. Sin dalla Grande Peste, il Cimitero ha raccolto le ossa anche dei defunti sepolti negli ipogei delle chiese (in zone adibite all'uopo, chiamate terresante) che vennero poi bonificate; i corpi di coloro i quali non potevano permettersi una sepoltura nei cimiteri canonici; i cadaveri delle vittime del colera del 1836; i resti ritrovati durante le opere di restauro del Maschio Angioino, nel 1936, e gli scheletri estratti da molte cripte partenopee.

La popolazione, probabilmente mossa a compassione dall'abbandono delle anime pezzentelle, cominciò ad “adottarle”, prendendosene cura, spesso costruendo delle vere e proprie teche chiamate scarabattoli (dalle più prestigiose, in legno e metallo, a quelle più modeste, fatte con le scatole dei biscotti), con tanto di lumicini sempre accesi e basi di fazzoletti profumati incoronati da rosari, assicurando alla capuzzella preghiere e pulizia, ovvero il refrisco (= rinfresco) dello spirito e del corpo (o, per meglio dire, ciò che ne restava...). Tutto questo lo si faceva in cambio di miracoli, grazie o pratici numeri da giocare al lotto.

Ovviamente, ciò non fu tollerato dal cardinale dell’epoca, tale Corrado Ursi, che nel 1969 fece emanare dal tribunale ecclesiastico il divieto assoluto del «culto dei purganti», definito superstizioso e immorale.

Col tempo la gente ha abbandonato questa usanza, ma non è stato possibile fermare la cura che in tantissimi hanno dedicato a questo singolare ossario che si estende per migliaia di metri quadrati: già dal XVIII secolo le ossa venivano poste in ordine di tipologia (crani, tibie, rotule... soprattutto nel 1872 grazie al canonico Gaetano Barbati) o, qualora fosse stato possibile, a seconda del gruppo di appartenenza sociale (ecclesiastici, che provenivano dagli ipogei ripuliti; appestati, quelli che erano periti a causa delle epidemie, carestie, terremoti ed eruzioni; pezzentielli, coloro i quali non avevano avuto in vita la possibilità economica per giacere in cimitero una volta trapassati). Senza contare la creazione di altari e crocefissi (spesso con gli stessi resti ossei) che hanno ricreato una vera e propria chiesa sotterranea.

Passeggiando per le navate è così possibile intravedere molti teschi ancora “adottati” negli scaravattoli, molti altri sono stati impilati e infilati per costruire muraglie e altari, statue, croci e rappresentazioni di scene cristiane (la grotta di Bernadette e il Cristo Velato, tra le tante) e di altri affascinanti scenari.

Ogni angolo del Cimitero, quindi, ha qualcosa da raccontare, ad esempio:

 

. Il cammino della vita: all’ingresso del Cimitero delle Fontanelle vi è un presepe con tanto di statuine raffiguranti la Sacra Famiglia. La scena della Natività, l’inizio della vita, si staglia felice e solare su uno sfondo più oscuro e tortuoso, ovvero la parte centrale dell’ossario che rappresenta la crescita individuale.

Addentrandosi nella galleria centrale, “abitata” da resti umani, si giunge proseguendo dritto davanti a sé a un vero e proprio Calvario, costituito da una montagna di teschi con, alla sommità, tre croci e altrettanti teschi posti in fila: questa zona viene considerata come la rappresentazione della fine della vita.

 

. Il Tribunale: in un angolo più in disparte vi è una voluta e ben studiata disposizione a semicerchio di femori e crani. Avvicinandosi, in effetti, si ha la sensazione di essere “giudicati”. E forse è per questo motivo che insiste ancora la voce secondo la quale i più alti esponenti della malavita organizzata si riunissero proprio su quel golgota durante i riti di condanna a morte o giuramenti di affiliazione. Nel secondo caso, i nuovi affiliati scelti venivano rinchiusi nel Cimitero per giorni (e soprattutto notti) per testarne il coraggio.

 

. La Biblioteca: una costruzione fatta di scansie e colonne che ricordano una grande libreria. Sono disposti, invece di tomi e volumi, una serie di resti umani in ordine di grandezza, come una infinita “enciclopedia anatomica”.

 

. Il Monacone: una statua (una delle poche a non esser stata costruita con le ossa), con tanto di tonaca bianca e cappa nera, raffigurante San Vincenzo Ferrer. Al di là della mole della scultura, di per sé minacciosa, è un preciso particolare a rendere la raffigurazione del frate domenicano ancor più inquietante: la mancanza della testa.

 

. I Due Sposi: si è già detto di Gaetano Barbati, il docente che prese a cuore la cura del Cimitero (grazie anche all’intercessione del cardinale Sisto Riario Sforza) nella seconda metà dell’Ottocento. Alla sua morte, fu realizzata una cappella commemorativa, ai piedi della quale, stranamente, fu successivamente posta una bara in cui giacciono due scheletri che pare condividessero un intimo segreto.



. Il Capitano: il mito del “teschio con l’occhio nero” si lega al precedente mistero dei due sposi.

La giovane sposa era molto devota al teschio del Capitano, al quale era solita chiedere grazie.

Da qui in poi, la leggenda si dirama in due versioni.

Nella prima variante, il promesso sposo, estremamente scettico e forse un po’ geloso, accompagnò la sua futura moglie al cospetto del teschio, e infilò in un’orbita dello stesso un bastone di bambù, per scherno, rendendola nera, e deridendolo lo invitò alle sue nozze.

Durante il lieto evento nuziale, tra gli invitati si palesò un uomo vestito da carabiniere. I due sposi si accorsero della presenza, la quale si svestì dell’uniforme e mostrò la sua vera costituzione: era uno scheletro che, per vendetta, maledì i due amanti e tutti gli invitati che morirono all’istante.

Nella seconda versione, invece, si narra che il giorno prima del matrimonio fu la sposa a invitare il Capitano alle sue nozze, per proteggere col suo spirito l’importante funzione religiosa. Sull’altare, l’attenzione dello sposo fu attirata dalla presenza di un uomo in alta uniforme che se ne stava sorridente in fondo alla chiesa. Lo sposo, ingelosito, si avviò furioso verso l’uomo misterioso e gli diede un pugno in un occhio. Il carabiniere si ricompose e, ancora sorridente, andò via. Il giorno successivo alle nozze, i due amanti si recarono al Cimitero per salutare il teschio del Capitano: un’orbita del cranio era nera, come se avesse ricevuto un pugno.

 

. Donna Concetta, o “il teschio che suda”: questa capuzzella è posta in una scaravattola solitaria, quasi a sottolinearne l’importanza rispetto agli altri teschi. Osservando più attentamente, si può notare che il cranio è lucido. Si potrebbe dire che si tratta dell’umidità del luogo che va a depositarsi sulla calotta, ma è strano come tutto intorno rimanga polveroso. I fedeli a Donna Concetta sono soliti affermare che si tratta del sudore delle anime pezzentelle, ovvero la materializzazione delle fatiche dei trapassati, utile come acqua purificatrice, e che quindi quel cranio sia un punto di incontro tra le anime dei vivi e quelle dei morti. Per verificare l’esaudirsi delle grazie richieste, basta poggiare la mano sul cranio: se questa si bagna, la grazia è ricevuta.

 

. La mummia di Donna Margherita: assieme al marito Filippo Carafa, conte di Cerreto dei Duchi di Maddaloni, le spoglie di Donna Margherita Petrucci, nata Azzoni, rimangono le poche di cui si conosce davvero l’identità.

I due nobili, morti a pochi anni di distanza, nel decennio del 1790, hanno l’onore di giacere in bare di vetro e ancora vestiti, ed è quindi possibile notare che il volto della donna si è mummificato perfettamente con la bocca spaventosamente spalancata. Diceria vuole che la donna sia morta soffocata, ecco spiegato il motivo della bocca aperta, a causa di uno gnocco che le andò di traverso.

 

. “Capa Rossa”, il postino delle anime: le anime pezzentelle, una volta scelto il custode vivente (è bene ricordare che erano i defunti a scegliere i viventi, non viceversa!), comunicavano tramite i sogni. La capuzzella più ricorrente è quella di “Capa Rossa”, chiamata così per il colore del cranio e perché in sogno appariva con le sembianze di un postino dai capelli rossi. L’uomo era solito comunicare notizie buone o comunque importanti.

 

. Frà Pasquale: singolare è la storia del cranio di un frate assai dispettoso, Pasquale, il quale in sogno dispensava numeri da giocare al lotto. Ma lo faceva solo quando e se ne aveva voglia!

 

. L’ombra di Don Francesco: sempre riguardo ai numeri fortunati da giocare al bancolotto, negli Anni Settanta gli abitanti del luogo, nottetempo, si appostavano fuori dai cancelli del Cimitero. Un misterioso gioco di luci proiettava, se si era degni, le ombre inviate dal teschio di un cabalista di origini spagnole, Don Francesco, rivelando i numeri fortunati su cui scommettere.


Per quanto possa apparire grottesco tutto ciò, il Cimitero delle Fontanelle è ammantato da un'aura di fascino e protezione, la stessa che per secoli avvolge i defunti che ci abitano e, allo stesso modo, i visitatori che percorrono le immense navate.


Curiosità:

. Spesso il cimitero viene chiuso al pubblico per poter permettere la messa in sicurezza di zone a rischio. Per questo motivo, non è improbabile che a ogni riapertura sia possibile trovare le ossa disposte in zone e modi differenti.

 

. Giacomo Leopardi nel 1836 morì a causa del colera. La sua tomba è posta nel parco Vergiliano, con tanto di lapide commemorativa che si erge maestosa. Ma insiste il pensiero che le spoglie del famoso poeta siano state nascoste nel Cimitero delle Fontanelle.

 

. Su molte ossa, soprattutto sui teschi, è possibile osservare un numero: questi resti ossei venivano utilizzati dai medici per studiare l’anatomia umana.

 

. Qualche custode, negli anni passati, raccontava che i fedeli tentavano di ricostruire gli scheletri, partendo dal teschio che in sogno li aveva scelti, creando figure scheletriche con arti non corrispondenti e quindi sgangherate.

 

. In un antro isolato ci sono gli scolatoi, luogo in cui nel ‘600 i defunti venivano appesi e lasciati per giorni per permettere ai liquidi corporei di colare in apposite feritoie. Questa usanza ha creato l'imprecazione "puozze sculà" (= "che tu possa scolare"), un originale malaugurio tutto partenopeo!


Alcune foto:

Dove si trova:

Cimitero delle Fontanelle

via Fontanelle, 80

80136, Napoli

Campania - Italia