Le anime del Purgatorio

Nel Decumano Maggiore si erge una delle strutture più conosciute della città di Napoli, quasi come fosse un simbolo.

Non si sa se fu costruita per i poveri che cercavano un luogo di culto o per i nobili che finanziandone i lavori potevano redimersi dai propri peccati (si crede per entrambi i casi), fatto sta che la Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco nel 1616 iniziò a prendere forma grazie ai due architetti e ingegneri Giovanni Cola di Franco e Giovan Giacomo di Conforto.

Si ritiene comunque che la Congrega di Purgatorio ad Arco (associazione che si dimostrò sempre caritatevole verso i meno abbienti e gli ammalati, approvata nel 1606 dal papa Paolo V e residente nella Chiesa di Sant'Angelo a Segno) già nel 1604 raccogliesse i fondi per la celebrazione delle messe. Tante famiglie nobili contribuirono al progetto, e così il sacrario fu ultimato completamente nel 1638.

La chiesa è "del purgatorio" perché i più facoltosi che avevano partecipato alla realizzazione la poterono utilizzare come personale sepolcro, cosicché dopo la morte si poteva rendere più breve il soggiorno al Purgatorio e quindi più veloce la riconciliazione col Padre Eterno.

Qualche tempo dopo la sepoltura fu concessa anche a coloro i quali non avevano i soldi per permettersi un pezzo di terreno dove far riposare i propri cari defunti, i quali molto spesso condividevano nei sotterranei della chiesa riquadri di terra con altri cadaveri, molti dei quali senza nome né riconoscimento. Uno dei motivi per cui la chiesa veniva definita anche delle anime pezzentelle, dei poveri.

Viene chiamata "ad Arco" per ricordare che nelle immediate vicinanze della chiesa sorgeva una torre del XIV secolo, torre che fu abbattuta agli inizi del 1500 per mano di Don Pedro di Toledo che la dichiarò troppo grande e in più pericolante.

E' chiamata anche chiesa d'e cap'e morte o capuzzelle (delle teste di morto, dei teschi) perché lo scultore e architetto Cosimo Fanzago installò teschi un po' dovunque, dentro e fuori.

 

Infatti la facciata esterna, in stile barocco, è ricca di simboli mortuari, come piccoli teschi di pietra e melograni (rispettivamente morte e resurrezione). Proprio all'esterno, installate sulla strada di pietra di tufo, ci sono quattro paracarri in piperno disposti in fila orizzontale, subito prima delle due rampe di scale laterali che portano all'ingresso della chiesa.

Sopra tre dei quattro pilastri, altrettanti tre teschi in bronzo, poggiati su due tibie incrociate dello stesso metallo.

 

Si entra in chiesa: dappertutto si nota una insistente alternanza di angeli in volo e ossa incrociate, festoni e clessidre. La vita e la morte.

L'interno è a unica navata; ogni lato presenta tre cappelle con archi marmorei di vario colore che custodiscono opere seicentesche di artisti del calibro di Luca Giordano ("La Morte di Sant'Alessio") e Andrea Vaccaro ("La Morte di San Giuseppe").

Il transetto (ovvero il "braccio" che taglia perpendicolarmente la navata) è piuttosto ridotto.

Il presbiterio (dov'è l'altare) è stato decorato da uno dei più grandi scultori del marmo barocchi del napoletano, Dionisio Lazzari, lo stesso che ha adornato il retro dell'altare con un'imponente marmorea immagine della morte, il "Teschio Alato", dalle fauci spalancate e le ali piumate dispiegate.

Sempre alle spalle dell'altare è esposta un'opera di Massimo Stanzione (quella che dona il nome ufficiale alla chiesa o viceversa: "Madonna delle Anime del Purgatorio", 1638), circondata da una cornice di marmo in cui si susseguono teschi e ossa.

 

Prima di entrare in chiesa, sotto le due rampe di scale, si nota una grata che non sembra nulla di speciale, se non si contano le innumerevoli preghiere scritte, i santini attaccati, i lumini (molti appena accesi), i fiori (molti ancora freschi). Si tratta dello sbocco che collega la strada con i sotterranei della chiesa anche quando questa è chiusa.

Se ci si volta subito a sinistra non appena si poggia piede nella chiesa, c'è una botola. Di sotto, rampe di scale antiche che portano all'ipogeo.

In realtà, una chiesa sotto la chiesa: dove "sopra" vi è l'altare marmeoreo e gli affreschi, "sotto" nello stesso punto è dipinta una enorme croce nera che sovrasta un blocco di piperno del '700 che funge da altare e tutt'intorno ossa e crani veri. Innumerevoli le foto di gente in primo piano e a mezzo busto, ingiallite dal tempo o appena sviluppate.

Al centro esatto della "navata" c'è un'inferriata a mo' di recinzione, ogni lato è fatto di due catene in diagonale che si incrociano al centro nel simbolo metallico di un teschio. In mezzo, ancora spoglie sparpagliate alla rinfusa sul pavimento costruito dai fratelli Massa.

 

Il terreno dove venivano seppelliti dapprima i nobili e poi le anime pezzentelle si raggiunge tramite un corridoio che comincia a sinistra della croce nera. Qui le mura sono ricoperte di piastrelle, molto spesso ci sono delle nicchie, delle rientranze, occupate dai cosiddetti  scaravattoli: piccoli contenitori cubici di legno e finestrelle di vetro, "gabbiette" nelle quali venivano posti i resti molto spesso anonimi trovati in tempi antichi dai fedeli che li adottavano, o per dirla alla napoletana "facevano 'o refrisco". Il (vero e proprio) rituale consisteva nell'accudire le ossa ("rinfrescarle", appunto) - quasi sempre il teschio , col quale il fedele addirittura dialogava - , riporle nello scaravattolo - i "custodi" si inventavano un nome da dar loro e lo scrivevano sul contenitore - , dedicando preghiere per avere in cambio grazie e miracoli per un parente gravemente malato o una gravidanza che non arrivava mai.

 

A tal proposito, oltrepassato il corridoio (il "Purgatorio" che dà nome alla chiesa) ed entrati nella zona della terrasanta, il terreno dove venivano seppelliti i defunti in cerca del Paradiso rapido o semplicemente di un posto dove riposare in eterno, ci si trova dinnanzi a Lucia.

E' questo il nome della capuzzella più singolare e forse più importante dell'intero ipogeo: adagiata su di un cuscino, sulla calotta un velo da sposa, il suo nome scritto in grande sulla parete dietro.

Non si possono contare le leggende che ruotano intorno a tale figura misteriosa, difficile è delineare la sua storia, ma voci accreditate vogliono che Lucia D'Amore, figlia unica del principe di Ruffano Domenico D'Amore, fu data in sposa al marchese Giacomo Santomago.

Ella però non ne era affatto innamorata e, di ritorno dalle nozze, già malata di tisi, morì di collera. Era il 1789. Il padre, devoto alla Chiesa del Purgatorio, volle seppellirla lì.

Visto che da sfondo alla storia vi è l'amore, le cosiddette zitelle non mancavano di chiederle la grazia di trovarsi un uomo e di sistemarsi.

 

Tutto ciò però non fu tollerato oltremodo dal tribunale ecclesiastico che negli anni '60 decretò il divieto di onorare i resti umani ignoti.

Nessuno ne fu spaventato e gli ex voto, i ceri accesi e le scritte "per grazia ricevuta" campeggiavano sugli scaravattoli, moltiplicandosi.

Fu più convicente il terremoto dell'80, dopo il quale si decise di chiudere la chiesa e l'ossario sottostante.

 

Precisamente dodici anni dopo, nel 1992, la Sovrintendenza per i Beni Artistici e Storici di Napoli e provincia diretta dal prof. Nicola Spinosa decise di affidare la restaurazione del complesso all'associazione Incontri Napoletani, in concomitanza delle prime edizioni di "Napoli Porte Aperte", una delle iniziative che erano intente a riscoprire il meraviglioso capoluogo campano.

A tutt'oggi la chiesa è aperta al pubblico. La cosa curiosa sono i fiori freschi e le candele accese, segnale chiaro che arrifrescare le capuzzelle è una pratica ancora in uso.

E gli ex voto sottolineano che, molto probabilmente, la pratica funziona.

 

Curiosità:

- Una delle famiglie più importanti nel progetto di costruzione della chiesa fu quella dei Mastrilli (coi fratelli Francesco e Geronimo), di origine francese al seguito di re Carlo D'Angiò.

Nell'edificio sacro si trovano tanti stemmi del casato e non solo: vi è anche il sepolcro di Giulio Mastrilli, duca di Marigliano.

Da ricordare tra gli altri nobili: Antonio Carmignano, i fratelli Diomede e Marcantonio Caracciolo, Marcello Muscettola e Fabrizio Caracciolo di Brienza.

 

- E' stato detto che fuori la chiesa ci sono quattro paracarri e tre teschi di bronzo al di sopra. Non è un errore: un teschio fu rubato e mai più ritrovato agli inizi del 1900. Una leggenda popolare narra che il probabile ladro, residente nella zona, era stato bersagliato dalla sfortuna più sfacciata, con numerosi lutti in famiglia improvvisi e perdite danarose ingenti.

 

- Sempre a proposito dei teschi di bronzo, è consuetudine passare per via dei Tribunali e soffermarsi dinnanzi alla colonnina, inserendo l'indice e il mignolo della mano nelle cavità oculari del teschio, così da "fare le corna", il classico scongiuro per incanalare il male e allontanarlo dal proprio spirito.

 

- Un'altra leggenda riguardante la capuzzella di Lucia è che in realtà ella si fosse congiunta in matrimonio col proprio amato, ma che durante il viaggio di nozze fosse annegata e morta prima di poter consumare la prima notte d'amore. Per questo motivo il velo le è stato calcato in testa, anche dopo morta.

 

- Al di sotto del teschio di Lucia, giace una coppia di crani molto più piccoli, uno dei quali adornato da una coroncina.

Si suppone che essi fossero stati una coppia di giovanissimi sposi che per problemi di salute morirono appena prima del giorno di nozze.

In realtà non si ha una "leggenda ufficiale". Ognuno dona la propria versione.

 

- Non è strano ritrovare tra le migliaia di richieste ai defunti fogliettini, post-it, biglietti del pullman con su scritti dei numeri. Non dimentichiamo che il popolo napoletano è stato ed è legatissimo alla Smorfia, l'interpretazione dei sogni che viene tramutata in sequenze di numeri da giocare al lotto. Un modo più materiale per chiedere la grazia è appunto richiedere ai defunti i numeri da giocare o farsi benedire numeri già giocati.

 

- Personalmente, ci siamo imbattuti in una stranezza che ancora oggi non sappiamo spiegarci: tra i tanti defunti vi era l'immagine di una donna che per nessun motivo in particolare abbiamo deciso di fotografare.

Ritornati a casa abbiamo scaricato le foto sul pc. La foto della donna, di cui ricordavamo benissimo le fattezze e la posizione della cornice, era cambiata di molto: addirittura campeggiava un nome, "Diego", un uomo.

Siamo sicuri di aver fotografato una figura femminile, ma a questo punto tutto può essere...

Alcune foto:

teschio
particolare dell'esterno
Altare
dietro l'altare è nascosta
Inizia la discesa nell'Ipogeo
guardiamo di sotto l'Ipogeo
il cimitero dei ceri
al buio
ancora un teschio adornato con fiori e rosario
una sorta di altarino
Teschio - da vicino
c'è chi le dona il suo bouquet da sposa
scritta luminosa
ma per lei - Lucia - giovane donna morta per amore
molti lasciano fiori biglietti
non tanto per questa coppia di sposi
Diego

Dove si trova:

Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco

(o Chiesa del Purgatorio o Purgatorio ad Arco)

via dei Tribunali, 39 - 80138, Napoli

Campania - Italia